By Lance Roberts
Il presidente della BCE, Mario Draghi, oggi deve sentirsi all'incirca come i jeans tra i due cavalli nel logo della Levi's. Non me lo immagino Mario con i jeans, nemmeno a 15 anni, ma va là che anche lui li avrà portati, come noi tutti.
Da una parte lo tirano i teutonici, la cancelliera Merkel ed il ministro delle finanza Schäuble, il Re dei topi, by phone: «Sull'austerità ci hai ripensato?». Agghiacciante, mi immagino, dalla sua posizione. E lui che avrà detto, il governatore "colomba" della BCE? Avrà abbozzato. Perché in effetti è vero che ci aveva ripensato, a Jackson Hole.
Aveva detto: «Nessuna quantità di aggiustamenti fiscali o monetari può sostituire le necessarie riforme strutturali: la disoccupazione strutturale era già molto alta nella zona euro prima della crisi e le riforme strutturali nazionali per affrontare questo problema non possono più essere ritardate». Che poi significa concedere più margine di manovra sui bilanci in cambio di sempre più improrogabili riforme.
E questo è l'altro cavallo che traina a testa bassa in opposta direzione, con in groppa due cristiani – non templari invero – il presidente francese Hollande ed il nostro Matteo, che ormai la Merkel presumibilmente non distingue più dal rompipalle bambino Fritz dello Schiaccianoci.
Perché l'italiano non può andare a mettere in discussione l'austerity proprio quando alla destra della CDU sta ottenendo crescenti consensi il partito anti-euro Alternative für Deutschland (9,7% in Sassonia) per la prima volta in un Parlamento Regionale. E nei prossimi giorni si vota in Brandeburgo e Turingia, ci manca solo che si ripeta la cosa!
E allora mostra i denti all'Europa tutta il Re dei topi dalle sette teste, dalle sette corone dai sette dolori (altrui) ed allunga le grinfie sui balocchi e ci dice che la medicina che dobbiamo bere «per un po' è amara, ma se fa bene, è buona». Dobbiamo disperare? Forse no.
Della spada che potrebbe servire a Matteo e a François per sconfiggere la noncurante tracotanza della Germania almeno l'ombra, all'orizzonte, si intravede, ed è la contrazione dello 0,2% del Pil registrato dalla stessa economia tedesca nel secondo trimestre, peggiore delle previsioni. E dal momento che essa è sbilanciata sulle esportazioni non potrà che nei prossimi mesi peggiorare, basti considerare l'effetto delle sanzioni economiche contro la Russia, che peseranno per il 3% dell'export complessivo, che valgono 36 miliardi di euro: di questi tempi giocati sui decimali, una cifra importante.
Il dato di ieri della produzione manifatturiera dell'area euro è il peggiore da 13 mesi. Lo spettro della deflazione è sempre meno evanescente e allora Mario il coraggio di fare qualcosa lo deve trovare – pianga pure il telefono – siano questo qualcosa le operazioni di finanziamento a lungo termine delle banche (Tltro) vincolati a crediti a famiglie e imprese, siano acquisti di titoli cartolarizzati (Abs) o sia un ulteriore taglio dei tassi, che in verità sui depositi bancari presso la Bce sono già negativi.
Mi sbaglierò, ma questa volta, e per la prima volta, la cosiddetta "ortodossia dei trattati" potrebbe essere superata da un'urgenza di crescita senza la quale pensare a un futuro di coesione europea è divenuto impossibile.
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